Il progetto The History of the Accademia di San Luca, c. 1590–16351 ha reso disponibili per la consultazione tre inventari stilati nei primi anni del Seicento in cui viene descritta una collezione di ritratti di artisti storicamente importanti esposta all’Accademia di San Luca. L’inventario del 1633 elenca, nello spazio di una pagina e mezzo, 69 nomi di effigiati corrispondenti a figure coeve e del passato lontano e recente2. Il tratto di penna del notaio alla fine del nome latinizzato di un’artista donna, Hieronima Parasoli, avrebbe potuto facilmente essere preso per una “o”, portando all’errata trascrizione di Hieronimo. Ma un raffronto tra questa testimonianza documentale e un ritratto anonimo tutt’oggi conservato all’Accademia conferma che l’identità della figura femminile raffigurata corrisponde a quella di Girolama Cagnaccia Parasole (1567 circa-1622), illustratrice romana specializzata nell’arte dell’incisione (fig. 1.1)3. Un cartiglio alla base del dipinto reca un’altra variante del suo nome: “Girolama Parasoli Sc./1612”, dove “Sc.” sta per sculptor, termine con cui venivano descritti gli incisori che lavoravano su diversi materiali – nel suo caso, matrici lignee da cui realizzare xilografie. Girolama è vestita di nero e porta un velo vedovile, elemento che rimanda alla data inscritta nel dipinto – 1612 – ossia l’anno di morte del marito Leonardo Parasole, con il quale aveva prodotto illustrazioni per editori locali4. Girolama aveva all’epoca 45 anni e nel decennio successivo iniziò a lavorare per conto proprio5.
Giovanni Baglione la menziona nelle sue Vite de’ pittori, scultori et architetti del 1642, confondendola però con la cognata Isabella Catanea Parasole, a cui si devono numerosi modellari di merletti, uno dei quali presentava un frontespizio inciso da Francesco Villamena. Il biografo riferisce che Isabella – e non Girolama – aveva sposato Leonardo Parasole, dal quale aveva avuto un figlio, Bernardino, che lavorava con il pittore Giuseppe Cesari. Baglione accenna anche al suo contributo per le illustrazioni di un volume su fiori e piante, l’Herbario nuovo di Castore Durante (1585)6. La ragione per cui viene dato più risalto a Isabella è probabilmente legata al fatto che il suo nome continuava ad apparire sulle copertine dei tanti libri di cui era autrice. La maggior parte delle opere firmate da Girolama, invece, sopravviveva nelle illustrazioni di testi scritti da altri, perlopiù antiquari ed ecclesiastici, che il biografo trascura di menzionare scegliendo di concentrarsi su soggetti socialmente ritenuti più adatti alle donne, cioè fiori e merletti7. Non esistono prove che Isabella sapesse intagliare matrici in legno. Forse Girolama aveva in qualche modo collaborato alle illustrazioni dei libri di sua cognata, ma anche questa è solo una supposizione8. L’errore di Baglione, le cui Vite furono pubblicate a vent’anni di distanza dalla morte di Girolama, si è prolungato per secoli. Anche dopo essere stato rilevato da Giovanni Incisa della Rocchetta nel 1957, essere stato evidenziato da Alessandro Zuccari e Marco Pupillo nel 1995 e poi approfondito dallo stesso Pupillo nel 2009, è ripetuto in alcune delle ricerche successive9. È curioso che Baglione abbia confuso il nome dell’artista: il ritratto di Girolama è attestato all’Accademia già nel 1633 ed è molto probabile che il biografo, partecipando attivamente alla gestione della scuola, gli passasse accanto con una certa regolarità. Inoltre conosceva certamente la collezione dell’Accademia, di cui nelle Vite descrive 24 ritratti elencati nell’inventario del 163310.
Immagine di copertina: Sofonisba Anguissola, Ritratto di donna, c. 1560, olio su tela. Musée Condé, Chantilly © Musée Condé, Chantilly / Bridgeman Images