I. Le origini dell’obbligazione camerale

  • Antonia Fiori

L’obbligazione camerale o in forma Camerae prende il nome dalla Camera Apostolica, il dicastero preposto alla gestione finanziaria ed economica della Santa Sede. Inizialmente, infatti, era stata creata a garanzia dei crediti camerali che consistevano per lo più in annate, cioè tasse gravanti sui benefici ecclesiastici sparsi ovunque nel mondo. La soddisfazione di questi crediti, di natura fiscale, era complicata per due ragioni. Innanzi tutto, per l’oggettiva difficoltà di ottenere un’esecuzione forzata in regioni lontane e sottoposte a giurisdizioni estranee. In secondo luogo, perché molti debitori non pagavano tempestivamente, ma preferivano attendere di essere condannati da tre sentenze conformi: dopo le quali, secondo il Diritto comune, non si potevano più presentare appelli e la decisione passava in giudicato.

Il rimedio adottato, di cui dà già testimonianza Guglielmo Durante nello Speculum Iudiciale (ca. 1290)16, era efficacissimo nell’ovviare ad entrambi i problemi: si faceva giurare all’obbligato di adempiere entro un certo termine o altrimenti rinunciare a qualsiasi eccezione o appello; poi, lo si ammoniva che, in caso di mancato adempimento, sarebbe stato automaticamente scomunicato. In questo modo, attraverso il suo vescovo, il debitore poteva essere colpito dalla scomunica ovunque si trovasse.

Questa procedura fu molto criticata durante il Concilio di Costanza, all’inizio del ’400, per il suo carattere vessatorio, data l’indubbia sproporzione di forze tra chi la imponeva e chi la subiva. Venne definita violenta, contraria al diritto, addirittura simoniaca17.

Dopo il Concilio, il pagamento delle imposte beneficiali venne regolato dalla Chiesa in base a concordati con i singoli Stati: questo comportò un uso più limitato delle obbligazioni camerali che, a partire dal Cinquecento, vennero impiegate prevalentemente nei contratti tra privati.

La vita dell’obbligazione camerale fu lunga, e si concluse solo agli inizi del XIX secolo: il Codice di procedura civile di Pio VII, del 1817, abolì gli effetti della clausola per l’avvenire. Questo provvedimento, pur confermato da Leone XII (1824) e da Gregorio XVI (1831), non fu però inserito nel Regolamento di procedura nei giudizi civili del 1834, che abrogava espressamente i codici precedenti: per questo motivo, ancora per qualche tempo dopo la sua promulgazione si continuarono a promuovere cause derivanti da contratti stipulati con formula camerale, il cui effetto fu dichiarato cessato definitivamente solo nel 184318.