III. L’executio parata delle obbligazioni camerali e la scomunica

  • Antonia Fiori

Ma in cosa consisteva, in effetti, l’obbligazione in forma Camerae?

L’obbligazione camerale nasceva dall’apposizione in un contratto di una predeterminata serie di clausole, le quali costituivano – nel complesso – una “formula”, capace di assicurare particolari tutele. Tra queste vi era innanzitutto la celerità dell’esecuzione, ma anche la speciale garanzia di poter accedere – cumulativamente o disgiuntamente – a una esecuzione reale (sui beni), a una esecuzione personale (detenzione in carcere), e persino a una spirituale (scomunica). Il complesso di queste tre forme di esecuzione faceva dell’obbligazione camerale un unicum nell’ambito della più vasta categoria degli strumenti esecutivi di età moderna, nella quale rientrava perché dotata della c.d. executio parata38.

L’esecuzione parata rendeva i contratti, nei quali era apposta la formula, dei titoli esecutivi stragiudiziali (enforceable titles) particolarmente sicuri per il creditore. Nel caso di mancato adempimento non era necessario l’accertamento del credito attraverso un giudizio di cognizione (un processo civile ordinario), ovvero non occorreva verificare la situazione di fatto esistente tra le parti, che non era considerata controversa. Le possibilità di opporsi all’esecuzione presentando eccezioni o appelli erano poi drasticamente ridotte dall’espressa rinuncia ad avvalersene da parte del debitore.

Nello Stato pontificio l’obbligazione camerale era il vero perno del processo di esecuzione, dava vita alla “prima e più frequente e più privilegiata” procedura, per usare le parole del grande giurista Giovanni Battista De Luca39.

In linea di massima, ovvero con qualche approssimazione tenuto conto delle modifiche intervenute nel corso del tempo, attraverso la formula camerale il debitore:

  1. obbligava se stesso e i suoi eredi, ed impegnava ed assoggettava ad ipoteca tutti i beni, mobili e immobili, presenti e futuri, suoi e degli eredi;
  2. si sottometteva a qualsiasi giurisdizione, e principalmente a quella, specifica, dell’Auditor Camerae;
  3. acconsentiva preventivamente alla scomunica e all’esecuzione personale, fino alla piena soddisfazione del credito;
  4. rinunciava ad opporsi in qualsiasi modo all’esecuzione;
  5. giurava di osservare e non revocare quanto indicato nello strumento.

Gli altri strumenti esecutivi utilizzati nell’età medievale e moderna (come la guarentigia, lo strumento sigillato o confessionato, l’obbligazione penes acta, ecc.), che pure sotto diversi aspetti erano molto simili all’obbligazione camerale40, potevano rivolgere i loro effetti “solo” al patrimonio e alla libertà personale del debitore.

Trasformare i debitori inadempienti in peccatori scomunicati era un’arma aggiuntiva molto potente: significava non solo colpirli nella loro intima dimensione di fede, ma equivaleva a sabotarne la vita di relazione. La scomunica maggiore, infatti, separava il debitore dalla comunione della Chiesa e dei fedeli, che erano tenuti ad evitarlo. Su un soggetto che esercitava, ad es., l’attività mercantile, le conseguenze sul piano sociale e degli scambi commerciali potevano essere gravissime. Secondo lo stylus della Curia non potevano essere scomunicati vescovi, arcivescovi, patriarchi e cardinali, senza espresso mandato del papa.

La scomunica per debiti era prassi piuttosto diffusa in molti paesi europei, almeno fino al XVI secolo41. Al di fuori dello Stato Pontificio poteva essere irrogata nel solo ambito della giurisdizione ecclesiastica, ma colpiva i laici con estrema frequenza.

Essa si basava giuridicamente su due presupposti.

Innanzitutto, sull’uso diffusissimo di confermare contratti e negozi attraverso clausole giurate, ovvero clausole contenenti la promessa dell’esecuzione e l’impegno giurato a non revocare il contratto stesso. In quanto res spiritualis, il giuramento sottraeva la materia contrattuale alla competenza dei giudici civili a vantaggio di quelli ecclesiastici, a prescindere dall’oggetto del contratto42. Il fenomeno fu contrastato dai nascenti stati nazionali nella prima età moderna ma, alla metà del Quattrocento, il celebre giurista del Delfinato Gui Pape poteva affermare che “in omnibus instrumentis obligatoriis adhibetur iuramentum”43.

Quindi, una volta soggetti alla giurisdizione ecclesiastica, i debitori potevano incorrere in scomuniche come effetto della loro contumacia, intesa come contemptus: ovvero “oltraggio, disprezzo, rifiuto d’obbedienza, ostinazione, presunzione”44. Il mancato ottemperamento di una intimazione ad adempiere era appunto considerato un atto di disubbidienza “contumaciale”, e secondo le regole del diritto canonico la contumacia era la causa prima di ogni scomunica45.

L’indissolubile relazione tra obbligazione camerale e scomunica era inoltre legata ad uno stravolgimento dell’iter ordinario dell’esecuzione, che consentiva di colpire subito il debitore con una scomunica, per poi procedere contro di lui in un secondo momento anche in via reale e/o personale, congiuntamente o disgiuntamente secondo la richiesta del creditore. In altre parole, l’aggressione dei beni del debitore era residuale. L’ordinaria procedura esecutiva, invece, prevedeva che si cominciasse dall’espropriazione forzata dei beni mobili, poi degli immobili, poi dei beni dei fideiussori; infine si sarebbe passati all’esecuzione personale.

Il Concilio di Trento cambiò radicalmente la configurazione dell’obbligazione camerale, modificando questa sua principale caratteristica. Se prima ad essere considerata residuale era l’esecuzione sui beni temporali, i decreti tridentini, nella xxv sessione di riforma, avevano fissato un criterio di moderazione nell’irrogazione della scomunica, precisando per le cause civili che essa potesse intervenire solo in caso di difficile esperibilità dell’esecuzione reale o personale46. Dunque, era ora l’irrogazione della scomunica ad essere divenuta residuale rispetto all’esecuzione personale e reale.

Nel 1570 la costituzione Inter illa di Pio V47 recepì il decreto del Concilio di Trento, e a partire da questa disposizione l’obbligazione camerale entrò in una seconda fase della sua storia, la fase “moderna”.